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Proposte per l’insegnamento/apprendimento della Storia

La scuola Exam, di Albert Anker, 1862, Museo di Belle Arti, Berna

a cura di Marina Medi

Cambiare si deve e si può?

Tra le opzioni metodologiche di IRIS, una afferma che l’insegnamento della storia deve darsi un compito prioritario: quello di soddisfare il bisogno degli studenti di orientarsi nel mondo attuale. Siamo cioè convinte/i che la conoscenza e la riflessione sul passato siano fondamentali per comprendere il presente e per potervi agire. Per questo riteniamo che le competenze spaziali e temporali prima e geo-storiche poi siano tra le finalità essenziali della formazione scolastica, specialmente oggi, dato che viviamo in una dimensione planetaria e siamo in contatto con le culture e le tradizioni di tutti i paesi del mondo.

Chi lavora a scuola sa che la storia è una delle discipline più difficili da insegnare e lo si vede dai risultati finali: anche se la materia è presente in tutti i cicli scolatici e il cinema, la televisione, i musei, i segni sul territorio (monumenti, lapidi, nome di strade e piazze) fanno continuamente riferimento a personaggi o eventi del passato, la cultura storica è generalmente molto carente. A parte qualche persona particolarmente amante dello studio del passato, sono moltissimi gli adulti che non sanno collocare nel tempo un evento fondamentale della nostra storia o spiegarne le cause. Quello che rimane dopo gli anni scolastici in genere è qualche informazione disorganica, qualche giudizio poco motivato, una visione un po’ ideologica del passato e del ruolo dell’Italia nel tempo, brandelli di memoria che derivano dall’interesse personale o dal caso.

Questo monumento sorge a Milano in Piazzale Loreto. Tra chi passa lì davanti, quanti lo guardano e sanno a che cosa è dedicato?

Sappiamo che la storia è molto amata dalle bambine e dai bambini della scuola primaria perché fa conoscere mondi diversi che sembrano avventurosi e che richiamano le storie di fumetti, cartoni animati e videogiochi, dove personaggi e ambienti si fissano in stereotipi (il faraone, il gladiatore, il cavaliere, il castello).

Poi però la materia diventa sempre meno amata, a parte qualche raro caso. Sicuramente questo dipende dall’interesse che l’adolescente ha verso il presente e il futuro piuttosto che verso il passato e dalla sua poca pazienza ad indagare la complessità dei processi che hanno portato fino a noi.

Ma il modo in cui la disciplina viene insegnata può giocare un ruolo in questo disinteresse/disamore per la materia?



“Monumento ai martiri del 10 Agosto 1944” di Giannino Castiglioni – Piazzale Loreto, Milano

Mi sembra opportuno, allora, dedicare una riflessione sui diversi problemi che nascono quando la storia diventa un argomento da insegnare e imparare a scuola e lo farò provando a rivedere tutti e tre gli elementi essenziali di ogni proposta didattica e cioè:

  1. Perché? Quali sono le finalità formative e gli obiettivi dello studio della storia, che devono tenere conto, ovviamente, dell’età delle studentesse e degli studenti, della realtà specifica e del mondo in cui stanno vivendo e dei problemi che questo pone?
  2. Che cosa? A quali contenuti dare priorità, dato che è impossibile affrontare in modo adeguato troppe tematiche nelle scarse ore del tempo scuola. Quali sono i criteri per effettuare queste scelte? Esiste la possibilità di distribuire queste tematiche in verticale nel corso del curricolo, in base all’età e ai livelli di maturazione di studentesse e studenti?
  3. Come? Quali sono i metodi con cui si possono sviluppare reali competenze storiche? Come posso servirmi dei manuali, dei laboratori sulle fonti, delle ricerche sul territorio e degli strumenti che le tecnologie informatiche mettono a disposizione?
  1. Perché studiare storia? Finalità formative e obiettivi

Da quando lo studio della storia è stato inserito nei programmi scolastici dell’Italia unificata uno scopo è sempre stato chiaro: lo studio del passato doveva contribuire a formare l’identità comune dei cittadini e l’orgoglio di essere italiani. Per questo i contenuti dei programmi ancora oggi danno particolare spazio ai momenti “positivi” della storia della penisola (i Romani, s. Benedetto, i Comuni, il Rinascimento, il Risorgimento, la Resistenza), in un percorso che sembra coerente e che porta all’oggi. Accanto alla storia politico-istituzionale, altre storie, come quella della letteratura e dell’arte, servono a completare la formazione identitaria degli Italiani.

Questa focalizzazione sulla storia nazionale è comune ai programmi di storia di tutti i Paesi ed è comunque giusto che studentesse e studenti conoscano maggiormente il passato che più li riguarda, purché, però, questo non porti all’idea nazionalista che solo noi, o pochi altri, abbiamo una storia importante e tutti gli altri no.

Un’altra finalità che si attribuisce allo studio della storia a scuola è quella di dare una visione complessiva del passato dell’umanità: la “storia generale” costituisce il canone dell’insegnamento e si ripete con pochi adattamenti dalla primaria all’università. Presente nei manuali e nelle pratiche didattiche è per insegnanti, genitori e opinione pubblica quello che ci si aspetta che i giovani conoscano del passato.

Sappiamo che in realtà quella che chiamiamo “storia generale” in realtà è solo una selezione di fatti e personaggi che privilegia l’Italia, l’Europa occidentale (quanto poco sappiamo dei Paesi dell’est europeo?), la dimensione politico-istituzionale e in parte economica, le classi dominanti o comunque vincenti, i maschi. D’altra parte è evidente che è irrealistico pensare di fornire una conoscenza generale della storia: non tutti i personaggi o gli eventi nel passato del mondo possono essere studiati, ma la decisione di che cosa ricordare e di come raccontarlo assume un forte significato politico-ideologico, dato che su di esso si costruisce l’immagine di sé e degli altri. Conservare parti del passato, dimenticarne altre, censurarne altre ancora può essere naturale, ma certo non neutrale.

Dato che ormai è chiaro che quella che viene chiamata “storia generale” è solo una parte della storia del mondo, negli ultimi decenni la necessità di allargare la visione del passato si è fatta sempre più urgente: la mondializzazione ha messo in contatto tutti i popoli della terra, studenti di origine straniera sono presenti nelle classi, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno storie diverse di cui è necessario tener conto. Inoltre la rivoluzione documentaria nella storiografia dalla metà del Novecento ha ampliato enormemente l’oggetto dell’analisi storica oltre gli aspetti politico-istituzionali che l’avevano sempre caratterizzata, così come in anni recenti nuovi approcci storiografici, come la storia di genere, gli studi postcoloniali, la world history, hanno portato al centro dell’attenzione nuovi soggetti e nuovi problemi.

 Marc Bloch insieme a Lucien Febvre ha fondato nel 1929 la Scuola delle Annales.

Il sapere storico è cresciuto a dismisura e non è certo possibile conoscerlo tutto. Credo quindi che sia giunto il momento che gli insegnanti (e i genitori, rigidi custodi di una formazione storica superata) riconoscano che lo scopo dello studio non sia l’accumulo e la memorizzazione di informazioni sul passato collocati su una linea del tempo. Già le Indicazioni nazionali per il curricolo del 2007 affermavano: L’attività didattica è orientata alla qualità dell’apprendimento di ciascun alunno e non a una sequenza lineare, e necessariamente incompiuta, di contenuti disciplinari.

Se oggi sappiamo che in generale lo scopo dell’insegnamento scolastico sta nello sviluppare competenze per leggere la realtà naturale e sociale e per operare in essa utilizzando anche i saperi codificati, questo vale anche per la storia.

Philippe Ariès è uno degli autori della nouvelle histoire alla École des hautes études en sciences sociales di Parigi.

Le competenze storiche, in coerenza con le Indicazioni nazionali per il curricolo, possono essere quelle indicate in questa mappa

Per una maggior articolazione di queste competenze vedi competenze storiche.

Per lo studio della storia, però, bisogna ricordare che le sole competenze storiche non bastano. Infatti, dato che ogni società umana vive in un tempo e in uno spazio, lo studio della storia deve tenere sempre conto anche delle dimensioni della geografia e delle scienze sociali. Nello stesso modo lo studio della storia richiede la formazione di competenze predisciplinari (la percezione e la rappresentazione del tempo, dello spazio e della società) e la capacità di lavorare in modo interdisciplinare con le altre discipline umanistiche e con quelle scientifiche, tecnologiche ed economiche, così come deve contribuire allo sviluppo delle competenze trasversali di cittadinanza.

Come tutte le competenze, anche quelle storiche devono essere sviluppate nelle studentesse e negli studenti nel corso del curricolo verticale. Perciò in ogni grado scolastico le proposte didattiche devono essere progettate in modo che contribuiscano a formare una vera cultura storica che non significa conoscere nomi e date, ma:

  • avere consapevolezza del carattere storico di ogni aspetto del presente e provare curiosità per come siamo arrivati ad essere quello che siamo,
  • mettere in prospettiva la propria storia personale e la realtà del presente,
  • provare curiosità per le culture del passato, perché la storia è incontro con l’altro non solo nello spazio, ma anche di un tempo lontano dal nostro presente,
  • avere consapevolezza di come si producono le conoscenze sul passato,
  • disporre di quadri cronologici e mappe spazio-temporali che rappresentino il divenire dell’umanità e all’interno dei quali è possibile inserire eventuali nuove conoscenze,
  • cogliere i modelli di spiegazione che vengono proposti in relazione ai diversi processi storici,
  • usare le conoscenze acquisite per argomentare i propri punti di vista.
  • Che cosa studiare? La selezione di contenuti

Di fronte al proliferare delle conoscenze in ogni ambito disciplinare, dalla fisica all’astronomia, dalla letteratura alle arti visive e audiovisive, si è cominciato a cercare di definire i nuclei fondanti di ogni disciplina, cioè quegli elementi essenziali e caratteristici di quell’ambito di conoscenza e a cui bisogna dare priorità nei processi di formazione.

Anche nel caso della storia in questi anni è nato un forte dibattito sulla definizione dei nuclei fondanti della disciplina. A me risulta comodo dividerli in tre categorie:

  1. I concetti. Sono quelli indispensabili per comprendere i contenuti della storia, a cominciare dalle variabili che descrivono ogni civiltà (ambiente, economia, politica, società, cultura) e le loro articolazioni. Spesso sono condivisi con la geografia (ambiente, territorio, confine, bacino fluviale, porto ecc.) e le scienze sociali (economia, politica, classi sociali, patriarcato, teocrazia ecc.). Questi concetti si vanno costruendo già dall’esperienza in famiglia e dalla scuola dell’infanzia e nei cicli successivi devono essere rafforzati (mai darli per scontati!) mentre se ne scoprono di nuovi e si colgono le interazioni tra di essi.

La conoscenza dei concetti permette con il tempo l’utilizzo del linguaggio specialistico della disciplina.

Giovanni Giolitti(1842-1928). Capo del governo, primo ministro, presidente del consiglio, premier, cancelliere se fosse stato in Germania? Sono sinonimi presenti nei manuali per evitare le ripetizioni; ma che succede nella testa degli studenti?  

  • Le procedure. Sono gli strumenti con cui si costruisce il sapere storico, le operazioni cognitive che si possono fare su spazio, tempo e soggetti e che servono a organizzare le informazioni e dare loro significato: classificare, tematizzare, contestualizzare, confrontare, problematizzare, periodizzare, individuare i rapporti di causa-effetto, le permanenze e le trasformazioni, costruire modelli di spiegazione ecc. Raramente i manuali invitano a compiere questo tipo di operazioni e lo stesso vale per l’uso delle fonti: di queste all’inizio ogni manuale dà una tipologia, ma poi le fonti non sono messe in pratica come strumento di conoscenza storica, dato che i manuali riportano già i risultati conclusi della ricerca storiografica che, quindi, deve solo essere memorizzata. Fondamentali nella costruzione delle competenze storiche, le fonti, invece, devono diventare uno strumento di lavoro anche nella scuola: devono essere cercate in quanto possono dare informazioni su una domanda sorta in relazione al passato; poi devono essere interrogate, contestualizzate e messe a confronto con altre per valutarne l’attendibilità e infine devono portare alla stesura di un prodotto (anche multimediale) che dia risposta alla domanda iniziale grazie alle informazioni ottenute. È necessario quindi che nella progettazione curricolare sia sempre lasciato uno spazio per una piccola ricerca storica che allieve e allievi possano realizzare a partire dalle fonti di cui possono disporre sul territorio o in internet.

Questa macchinina a molla, presa di per sé, è solo un vecchio giocattolo di latta. Ma vedendola, può far sorgere domande come per es. quando è stata fatta, come funzionava, chi la usava ecc. Solo a questo punto diventa una fonte. Nello stesso modo è una fonte se viene utilizzata nel quadro di una ricerca per es. sul modo con cui giocavano i bambini tra le due guerre mondiali.

  • Le tematiche. Sono gliavvenimenti e i processi storici essenziali per comprendere il presente e la realtà locale in cui si vive. Questa è la parte dei nuclei fondanti più discussa, perché il passato è troppo ampio per poter essere colto se non attraverso la selezione di singoli aspetti problematici. Ma di fronte alla vastità degli studi storici è difficile scegliere quali studiare a scuola, specie quando si è messo in discussione il canone tradizionale cementato nei manuali e solo aggiornato con un arido elenco dei fatti più recenti. Infatti, se è vero che le competenze storiche si sviluppano grazie al modo con cui si studia e non in base a quanti e quali argomenti vengono presi in esame, la scelta dei temi non è indifferente nella formazione di allievi e allieve. In ogni caso la scelta deve essere consapevole, esplicitata e motivata, non come avviene nei manuali dove è sempre data per scontata.

Tra i criteri di scelta dei temi io previlegerei questi:

  • l’importanza rispetto alle problematiche del presente, in modo che lo studio risulti interessante e motivante,
  • la rilevanza per la storiografia, in modo da avere un’abbondanza di materiali per conoscere l’argomento e comprenderne l’importanza,
  • il rapporto con le finalità formative dell’Educazione alla mondialità, in modo che lo studio della storia sia di appoggio all’Educazione alla Cittadinanza.

Questo libro cerca di rispondere alla domanda: perché l’Europa e l’Occidente sono diventati più ricchi degli altri popoli e sono arrivati a dominarli?

Scegliere gli argomenti di studio in base a questi criteri difficilmente porta a una trattazione cronologico-lineare; invece propone di studiare alcuni temi/problemi in tutta la loro complessità, spazialità e durata con gli strumenti disciplinari e interdisciplinari necessari e vedendone le implicazioni rispetto a sé e al presente. Non come nei manuali, dove si parla per es. del colonialismo italiano in capitoli diversi e lontani del libro, come un argomento marginale e concluso: quale reale conoscenza ne potranno avere gli studenti?

D’altra parte è da tempo che l’impianto cronologico-lineare, che ancora tanti insegnanti considerano indispensabile per costruire negli studenti lo spessore temporale, in realtà non è funzionale alla costruzione di una cultura storica. L’approccio enciclopedico-descrittivo del manuale spinge gli studenti ad essere solo ripetitori passivi di quanto il testo dice e lo studio finisce per non trovare un senso per le domande individuali o collettive. Inoltre, la rigida sequenza in cui un popolo segue a un altro, un evento ne determina un altro fa apparire la storia come sistematica e oggettiva, mentre trascura di esplicitare che i contenuti di cui si parla sono il risultato di una scelta, non fa emergere le categorie e i modelli interpretativi utilizzati, non riconosce la possibile esistenza di memorie divise e di interpretazioni storiografiche diverse.

Se invece si adotta un approccio problematico ed operativo all’insegnamento/apprendimento della storia, è inevitabile che ci sarà la possibilità di affrontare solo un numero limitato di temi/problemi nel corso del curricolo scolastico. Dato che sappiamo che è sempre “meglio fare meno, ma meglio”, preferiamo questo approccio perché le competenze non si ottengono con l’accumulo delle nozioni, ma con un’attività concreta che permette di far convergere conoscenze, abilità e atteggiamenti.

In ogni caso, però, sarà necessario offrire agli studenti e alle studentesse un quadro spaziale e temporale complessivo, anche se sintetico, dove inserire i singoli approfondimenti tematici. Un manuale allora può essere molto utile se fornisce carte tematiche, linee del tempo comparate, diorami, biografie essenziali, tali da ricostruire a grandi linee il passato dell’umanità (e non solo quello del Mediterraneo e dell’Occidente).

Se poi si vuole trovare un altro modo per ricostruire in quadri sintetici gli eventi e i processi del passato che sono studiati in modo da mettere in evidenza gli aspetti di conservazione, di trasformazione o di rottura, è possibile raccoglierli intorno a qualche filo conduttore, come questi tre:

  1. Il rapporto tra territori, risorse e popolazione
  2. La relazione tra individui e istituzioni
  3. Le culture come prodotto di incontri, conflitti e scambi.

Pur essendo possibile affrontare qualunque argomento del passato alle diverse età degli studenti se si utilizzano i mediatori didattici adeguati, è evidente che, se abbiamo di un numero limitato di possibili approfondimenti tematici da studiare nelle scarse ore a disposizione, è conveniente distribuirli nel curricolo verticale in base all’età e alla maturazione delle studentesse e degli studenti, così come alle caratteristiche della scuola e del territorio.

Se il canone manualistico propone nei diversi cicli scolastici più o meno chi stessi contenuti con un diverso livello concettuale e problematico, il curricolo verticale che qui viene proposto prevede all’opposto di utilizzare nel corso dei gli anni le stesse operazioni cognitive, procedurali ed affettive che permettono la costruzione delle competenza, ma di applicarle in progressione dai contenuti più semplici a quelli più complessi, dai più vicini a quelli più lontani e specialmente da quelli più esperiti a quelli meno.

  • Come? Metodi, strumenti e strategie didattiche per sviluppare competenze

Da tutto quanto detto sopra, appare quanto il metodo largamente utilizzato ancora adesso nell’insegnamento della storia non sia adeguato alle finalità che attribuiamo a questa disciplina, anzi, sia in gran parte responsabile del fallimento dell’apprendimento: uno studio che si riduce alla ripetizione di contenuti già belli confezionati nei libri di testo o nelle parole dell’insegnante senza che ne sia chiara la finalità e il senso non sviluppa competenze. Infatti, secondo le indicazioni della psicopedagogia cognitivista, la conoscenza non viene dall’esterno e non viene assunta in modo passivo, ma è una costruzione fatta dal soggetto a partire dalle sue preconoscenze e dal rapporto con la realtà.

Molto meglio, quindi, è una didattica che proponga attività di ricerca su temi/problemi storici di cui gli allievi e le allieve abbiano capito l’importanza e condiviso gli obiettivi. In questo caso il lavoro permetterà la riproduzione delle sequenze logiche e delle principali operazioni del “sapere esperto”, dalla ricerca e dalla lettura critica delle fonti all’esplicitazione dei modelli interpretativi o alla riflessione sull’uso della storia nel dibattito sull’attualità.

Sono molte le esperienze di utilizzo di metodologie attive di ricerca attuate specialmente nel primo ciclo di istruzione sulle storie personali, familiari e del territorio; ma poi, quando si passa alla storia del libro di testo, la didattica ritorna passivizzante. Le motivazioni addotte è che se no si va troppo lenti e non si finisce il “programma”, che gli argomenti sono troppo complessi e sconosciuti per poter essere oggetto di ricerca da parte degli studenti, che non esistono materiali didattici pronti all’uso per l’insegnante il quale non può sempre fare tutto da solo…

Eppure esiste la possibilità di rendere più attivo lo studio della storia, purché, ovviamente non si pretenda di far studiare tutte le pagine del libro (così, d’altra parte, come non si leggono tutti i testi di un’antologia). Ma, se per esempio si è scelto di dedicare un tempo allo studio dei Comuni medievali, l’insegnante deve proporre alle studentesse e agli studenti attività che servano non solo ad imparare quando, dove e quali erano i Comuni, ma a scoprire i caratteri della vita urbana e dei soggetti che ci vivevano, immaginare i problemi che nascevano e ipotizzare le soluzioni che se ne potevano dare, per poi confrontare le risposte con due o tre casi reali. In questo modo si favorisce

la motivazione allo studio, lo sviluppo di competenze e in generale del metodo di studio.

Metodo di studio
1. Individuare l’argomento e capire perché lo si vuole studiare
2. Ricercare le informazioni in modo non superficiale su testi o on line
3. Collegare le nuove informazioni con quelle già possedute
4. Utilizzare strumenti di organizzazione e memorizzazione delle informazioni (adeguati al tema e all’età)
5. Presentare in modo orale, scritto, grafico o multimediale il risultato dello studio
6. Ricostruire in modo metacognitivo e meta-emozionale il percorso di apprendimento realizzato.

D’altra parte anche le Nuove Indicazioni per il curricolo invitano gli/le insegnanti a:

  1. Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni
  2. Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità
  3. Favorire l’esplorazione e la scoperta
  4. Incoraggiare l’apprendimento collaborativo
  5. Realizzare percorsi in forma di laboratorio
  6. Promuovere la consapevolezza sul proprio modo di apprendere.

Ovviamente non tutto l’insegnamento/apprendimento può essere realizzato in forma di laboratorio, specie di fonte a periodi storici complessi. Anche la lezione frontale può avere la sua utilità e per questo invitiamo a vedere su questo sito un esempio dell’intreccio tra lezione frontale, che fornisce il quadro complessivo del tema, e laboratori, che riportano in scena i soggetti (maschi e femmine) e gli eventi nello spazio e nel tempo, in Fare l’Italia, fare gli Italiani, complesso prodotto dedicato al Risorgimento italiano.

L’importante è che in ogni proposta didattica sia presente:

  1. un momento di motivazione degli studenti e delle studentesse e di condivisione del significato e dell’importanza che l’argomento da affrontare ha per comprendere il presente,
  2. la proposta del maggior numero possibile di operazioni cognitive e di attività da far svolgere,
  3. un momento finale metacognitivo e meta-emozionale.

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16 Maggio 2021